Vajont, 50 anni dopo non abbiamo ancora imparato nulla dalla Storia

vajont-50-2Erano le 22 e 53 del 9 ottobre 1963 a Longarone, provincia di Belluno.
La più grande diga a doppio arco del mondo era considerata un’opera di alta ingegneria moderna volta a produrre l’energia elettrica. Era costruita a ridosso di una frana, quella del monte Toc (che in friulano si dice patoc, e vuol dire guasto marcio).
Nell’onda terribile morirono 1918 persone. 260 milioni di metri cubi di roccia di una frana che piombò sulle acque del bacino artificiale. Un’onda alta 200 metri in parte risalì il versante opposto distruggendo gli abitati nel comune di Erto e Casso; il resto, 25 milioni di metri cubi  d’acqua, tracimò dalla diga. L’onda travolse 5 paesi: Longarone, Pirago, Rivalta, Viallanova, Faè. Non rimase niente e l’acqua si portò via tutto.
Vennero condannati i vertici della SADE, la società adriatica di elettricità, l’istruttoria del giudice Mario Fabbri, al processo d’appello a L’Aquila del ’70 fu chiara: le responsabilità furono di coloro che la diga la vollero e la costruirono. Nonostante sapessero non fecero niente per evitare una strage.
tinaContro l’opera si opposero un gruppo di cittadini e una giornalista: Tina Merlin. Andò contro l’arroganza dei poteri forti, andò contro l’assenza dei controlli degli Enti che dovevano verificare l’impianto, andò contro la complicità di tanti organi dello Stato, andò contro i silenzi della stampa locale e nazionale, ricercò una giustizia attraverso un giornalismo serio e rigoroso di indagine. La Merlin scrisse un libro nel 1983, “Sulla pelle viva”, che rappresenta un atto di rivolta volto a non dimenticare questa tragedia. Scrive la Merlin a pag. 22:
“La SADE, il monopolio che uccise, in fondo ci interessa poco: faceva i suoi affari come tutti gli imprenditori privati del mondo. Sapendo che li poteva impunemente fare, che glieli lasciavano fare. Era il burattinaio che tirava i fili e faceva muovere i burattini – scienziati e politici . come voleva. Il potere era lei, perché il vero potere aveva abdicato”
inceneritoreQuesta tragedia dimostra ancora una volta che l’uomo non impara mai niente dalla Storia che non si ripete mai uguale a se stessa. L’uomo quando realizza opere come queste, siano esse dighe di 50 anni fa od attuali inceneritori , è come se giocasse a dadi con l’ambiente. Puoi vincere qualche mano ma la partita finale la vince sempre la Natura.

E questo non perché la Natura sia matrigna ma perché, in situazioni dove l’interesse privato prevale sul diritto pubblico alla salute, il destino dell’uomo sembra essere segnato dall’avidità, sorvolando sulle dirette conseguenze nei confronti dell’ambiente e dei cittadini. La storia ne è testimone.

Appunti sul naufragio di Lampedusa

Lampedusa, 110 morti, salvate 150 persone – In fondo al mare ancora decine di corpi

lampedusaPapa Bergoglio ha detto che questa tragedia è una vergogna. E’ l’unico messaggio politico degno di chiamarsi tale. Infatti non l’ha detto un politico.

Tutto questo teatrino di governanti che vanno in pellegrinaggio rappresenta l’incapacità di questa classe dirigente di fare qualcosa.

La politica italiana non sembra in grado di fare nulla, questo è ciò che pensa il cittadino. Questa tragedia non sarà certo l’ultima e nessun politico riuscirà mai a fare niente in quanto non è in grado di individuare lo scenario di un dramma mondiale dove le persone scappano non solo per le guerre ma per i disastri climatici.

siccitàCi sono anche profughi ambientali come gli Etiopi o gli Eritrei che scappano dalla siccità mentre i politici italici dicono che occorre rivedere la Bossi Fini o dichiarano che è colpa della Boldrini e della Kyenge o affermano che il governo Letta ne esce rafforzato in quanto anche per queste situazioni è stata data la fiducia.

Non siamo capaci di impostare un ragionamento che abbia una visione che arrivi più in là del nostro naso. Occorre una politica europea dove l’Italia sia in grado di coordinare la situazione di emergenza derivante dalla sua posizione geografica che la vede come una porta a sud dell’Europa. Siamo una lingua di terra nel mediterraneo, un mare che da culla della civiltà mondiale è diventato cimitero delle persone e dei valori che hanno reso grande la nostra nazione.

alfanQuesti nostri rappresentanti istituzionali che esternano con emotività buttandola sempre in politica, annoiano e disturbano i cittadini che rimango attoniti di fronte a un problema colossale dove questa tragedia non rappresenta altro che la punta di un iceberg.

I profughi, le persone bisognose di aiuto saranno sempre di più in quanto le guerre aumentano in una delle regioni, il medio oriente, fra le più agitate di questo nuovo millennio e in una territorio smisurato dall’Africa fino alle porte dell’india dove l’emergenza climatica ed ambientale produrrà milioni di disperati che intraprenderanno l’ultimo viaggio della speranza. Non hanno nulla da perdere e questo non lo vogliamo capire.

Non abbiamo mezzi a sufficienza per proteggere le coste dell’Italia e dell’Europa; lor signori politici “romani” si rassegnino e affrontino con responsabilità la situazione. E allora ci vuole un cambio di modello culturale. Ci vogliono corridoi umanitari programmati con la UE e con l’ONU, città aperte nei paesi da dove partono i profughi e sistemi di accoglienza in punti strategici europei.

boldriniOccorre coordinarsi ed agire, ma subito, senza aspettare il prossimo bollettino di guerra e senza aspettare la solita parata di parrucconi politici indignati che fanno così tanta audience …