Intervento di Fabrizio Savani, 08.4.11 Convegno “Per Fare un Albero” organizzato da Sodales onlus
Cause ed effetti della crisi – La profonda crisi mondiale è affrontata con lo sfruttamento delle risorse disponibili sapendo che esse non sono infinite. Attualmente manca un metodo per affrontare le cause mentre si affrontano solo gli effetti. Un primo effetto si chiama lavoro. Nel recente passato, nel sistema culturale ed economico chiamato mondo occidentale, l’uomo è stato valorizzato soprattutto come mezzo di consumo mentre oggi subisce un’evoluzione come mezzo di produzione. Si è creata questa evoluzione perché è sorto un conflitto tra le tre dimensioni economiche dell’uomo:
1. L’uomo che produce reddito lavorando,
2. L’uomo che consuma,
3. L’uomo che risparmia e investe.
Delocalizzare – Questo è avvenuto negli ultimi decenni, quando, per sostenere la crescita economica senza più aumento della popolazione, si puntò sulla crescita dei consumi.
• Per far crescere i consumi era necessario far crescere il potere di acquisto.
• Per far crescere il potere di acquisto si cercarono costi sempre più bassi delocalizzando la produzione.
Ma delocalizzare la produzione ha creato una rivoluzione soprattutto nel costo del lavoro, trasferito ad es. nei paesi asiatici come India e Cina. Così si è diviso il mondo tra:
• paesi sempre più consumatori e sempre meno produttori (per gli alti costi)
• paesi sempre più produttori (per i bassi costi) e non ancora consumatori.
Crollata nei paesi consumatori la pia illusione della crescita economica a debito insostenibile, si è scoperto che il colosso della crescita non stava in piedi. I bassi prezzi e i bassi costi avevano per anni pompato solo la dimensione dell’uomo consumatore. Ma avevano indebolito l’uomo produttore.
La delocalizzazione accelerata ha stravolto le regole del gioco a cominciare da quella del lavoro.
Il lavoro di un operaio in USA e in Italia costa 17 €/h, 8 in Brasile, 1 in Malesia, 0,7 in Cina. Quindi se vogliamo reggere la concorrenza cinese dobbiamo far si che gli operai italiani producano 24 volte più dell’operaio cinese o 2 volte più di quello brasiliano.
Ma possiamo tutti noi, operai, impiegati, quadri, dirigenti, liberi professionisti lavorare sempre di più? Se restiamo a pensare a come fare la Panda, che ormai sanno fare anche nel terzo mondo, operai e dirigenti si pongono davanti a un bivio:o lavorare come robot aumentando la
produzione a costi inferiori o non lavorare affatto. Non sarebbe meglio aumentare la ricerca scientifica e inventare prodotti e servizi che solo noi siamo in grado di produrre? Oggi nelle fabbriche sono entrati i cronometri al cesio, i robot e le nano tecnologie, intranet e le fibre ottiche. Ma l’operaio e il manager sono più vicini o più lontani dalla felicità? La dichiarazione di indipendenza degli USA afferma che tutti gli uomini sono dotati di diritti inalienabili fra i quali la vita, la libertà e la ricerca della felicità. Cosa è rimasto oggi della felicità enunciata da Jefferson.
Il PIL – Mentre le regole di mercato venivano stravolte il mondo era compiaciuto dalla crescita del PIL. Invece avremmo dovuto immaginare che se la popolazione non cresce, il PIL cresce solo grazie ai consumi individuali, ma è insufficiente ad assorbire la crescita dei costi fissi e quindi sono inevitabili nuove tasse. In Italia infatti il peso delle tasse sul PIL è raddoppiato negli ultimi 30 anni ed è arrivato nel 2009 al 43,5% del PIL salendo al terzo posto dei paesi con il maggior peso delle tasse fra i paesi Ocse .
Per far consumare l’uomo a tutti i costi, lo si è indotto a cercare soprattutto la soddisfazione materiale. Ma affinché ci sia domanda è necessario che ci sia lavoro e reddito. L’attuale sistema economico origina distorsioni in quanto “crea” consumi artificiali forzati a debito e “crea” potere d’acquisto grazie a costi sempre più bassi che provocano rapida delocalizzazione e nuovi modelli competitivi come quello cinese. Con questi modelli lavorativi è impossibile competere “da noi”. Cosa si può fare per correggere questi errori? Pensiamo davvero che negando le leggi dell’ecologia si possa fare economia? Sicuramente no, ma allora come si può evitare l’evoluzione nel lavoro dove ci si trova obbligati ad adattarsi alla competizione oppure a scomparire?
Albert Einstein diceva che non possiamo risolvere i problemi significativi che ci troviamo di fronte con lo stesso livello di pensiero che avevamo quando li abbiamo creati.
Si può allora iniziare a cambiare il concetto di benessere e rifiutare quello solo materiale, solo misurabile. Lo ha annunciato anche David Cameron a Londra a novembre 2010. Sono misurabili ad esempio la bellezza, la bontà, la virtù, i rapporti interpersonali, il tempo libero, passare il tempo con la famiglia? Ecco quindi che è necessario un coraggioso impegno rieducativo da parte dei cittadini.
Chiediamoci perciò se nasca prima il benessere economico, considerato necessario per formare famiglia e figli, o se nascano prima famiglia e figli che portano il benessere economico. Sarebbe necessario un riesame delle attuali politiche economiche e sociali.
Le cose – Le cose, gli acquisti, le merci ad esempio andrebbero accumulate non per se-Visitor_bundle-panel-signup=thrcerne la profondità nel tempo, il senso prima del valore. A partire dalla etimologia della parola “cosa”, dal lat. causa, ossia ciò che riteniamo talmente importante da agire in sua difesa. Borges diceva che le cose ci servono come taciturni schiavi, senza sguardi, durando oltre il nostro oblio. Come dice Remo Bodei, professore alla Normale di Pisa e poi all’UCLA il senso delle cose viene molto prima del loro valore economico. In realtà si dovrebbe avere una piccola cassetta degli attrezzi mentale per capire come sono fatte le cose, a cosa servono e come si possono riparare. Questo aiuterebbe a diminuire la bulimia d’acquisto superfluo.
Abbiamo perso la consapevolezza che le cose derivano dalla natura, dalla storia, dalla tecnologia. Economia ed ecologia sono rami dello stesso albero che affonda le radici nella nostra terra comune. Cercando la felicità attraverso l’accumulo compulsivo di roba abbiamo svalutato il significato di ciò che compriamo.
Ogni cosa ha un suo valore e noi ce lo siamo semplicemente dimenticati. Le cose esistono perché noi le vediamo e noi le pensiamo. Sono cose perché le riconosciamo, perché sono utili, perché non le usiamo solo come meri strumenti. Se regaliamo una bambola, una singola bambola di pezza, una bambola artigianale, diversa da tutte le altre, se la regaliamo alla nostra amata figlia, potremo vedere i suoi occhi illuminarsi, potremmo vivere il momento del dono insieme a lei, potremmo ricordarci crescendo il valore dei momenti passati insieme a giocare in quei lunghi e interminabili momenti di condivisione, di empatia, con un gioco unico mezzo di simpatia fra generazioni.
Simpatia nel termine etimologico, dal greco condividere il pathos, le emozioni, i sentimenti. E potrei continuare e tutto per una singola bambola di pezza. Ma quando compriamo ad esempio un cellulare nuovissimo cambiandolo con un nuovo, non gli riconosciamo un significato un suo valore, a parte il suo momentaneo uso. Lo consideriamo uno strumento, un mezzo, una merce. Ma il mio rapporto cambia se comincio a pensare che per realizzarlo è stato usato il coltan, un metallo preziosissimo estratto in Congo e il cui controllo ha portato a migliaia di morti in questi ultimi anni. Se pensiamo che per realizzarlo sono stati utilizzate diverse tonnellate di acqua, che i singoli pezzi sono stati realizzati a migliaia di km l’uno dall’altro, che l’algoritmo che lo fa funzionare è stato scoperto da Andrea Viterbi, un italiano, che ogni anno a Londra vengono buttati nelle fogne 850.000 cellulari come quello che abbiamo comprato, se pensiamo che nel 2008, l’anno della crisi, nel mondo sono stati venduti 1,2 mld di cellulari, e che ogni anno si buttano in USA 130 mln di cellulari e in Europa 100; ecco allora possiamo renderci conto della merce che abbiamo comprato.
Gli acquisti sganciati dal paradigma della loro utilità hanno pompato un’economia fino a farla esplodere. Con questo sistema economico attuale siamo tutti consci che non si potrà uscire dalla recessione fino a quando, purtroppo per alcuni, per fortuna per altri, non riprenderanno i consumi. Ma non si ritornerà più a prima della Crisi. Non si tratta semplicemente di un mero fenomeno economico ma di un cambio di epoca. La cura dimagrante della crisi porterà ad una economia più equilibrata.
Joan Lewis, coordinatrice della Procter & Gamble ha detto che la grande abbuffata negli USA ha portato distorsioni, danni ambientali; ma adesso i consumatori reagiscono, controllando meglio le spese e aderendo ad un’etica ambientale puntando sul benessere e sull’utilità di ciò che comprano. Si arriverà infine ad una nuova normalità dove le cose avranno un valore, dove le merci saranno beni e dove una riduzione dei consumi non porterà ad una diminuzione dei redditi. Dovremmo poter comprare tutti, dovremmo comprare meglio, le cose dovrebbero avere più valore, essere più care e durare di più.
Il lavoro – Voltaire diceva che il lavoro intenso è il mezzo migliore per evitare all’uomo di pensare. L’uomo è stato creato prima per pensare e poi per lavorare. Occorre pensare per dare senso al proprio lavoro e non per odiare il proprio lavoro. E’ questo il significato del lavoro che si dovrebbe riscoprire e tornare a capire. Si dovrebbe soddisfare l’uomo non solo materialmente e lasciargli la gioia di vivere. Di conseguenza la meritocrazia nel lavoro dovrebbe basarsi sul voler apprendere, sul voler conoscere, sul voler pensare e solo dopo sul voler agire. Solo in questo modo l’uomo diventa impagabile, come valore per la società e per la sua carriera.
Silvano Agosti ha detto di non capire perché un quadro di Van Gogh debba valere 80 milioni di € e uno stipendio di un uomo 1.500 €/mese bene che vada. Queste distorsioni di benessere (o meglio di tanto avere) derivanti dalle leggi di mercato sono davvero difficili da capire. L’obiettivo economico non dovrebbe più essere quello di ottimizzare la produttività del lavoro ma quello di aumentare la produttività delle risorse. Questo vuol dire delineare processi produttivi e realizzare beni che non sono merci utilizzando il minimo di risorse non rinnovabili e ottimizzando la condivisione e la rete di risorse rinnovabili.
Lotta al degrado ambientale – Un cattolico ha detto: “E’ richiesta una nuova e approfondita riflessione sul senso dell’economia e dei suoi fini, nonché una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni. Lo esige, in realtà, lo stato di salute ecologica del pianeta; soprattutto lo richiede la crisi culturale e morale dell’uomo, i cui sintomi da tempo sono evidenti in ogni parte del mondo” .
Di fronte a crescenti tragedie ambientali, economiche e sociali i cittadini si rendono sempre più consapevoli e si riuniscono in gruppi in associazioni in movimenti in quanto i sistemi partitici non riescono più a fornire adeguate garanzie di fornire proposte credibili. La gente deve incominciare ad informarsi a rendersi consapevole per produrre un senso di responsabilizzazione e innescare così un processo di cambiamento.
Nel contesto della lotta al disastro ambientale, si cerca di affrontare i vari problemi prodotti da pratiche ecologicamente irresponsabili con pratiche che affermano di essere ecologicamente sostenibili. Entrambe le pratiche fanno utile, le prime creando inquinamento, le seconde cercando di eliminarlo. Si dovrebbe anche qui cambiare il paradigma riconoscendo che la crescita economica non è l’unico criterio di successo del business; la responsabilità ambientale e sociale ad esempio fanno parte a pieno titolo del mondo del lavoro. Se si vuole che i figli ereditino la stessa qualità di vita dei loro padri, Il modello economico è pertanto chiamato a svolgere un ruolo determinante nello spazio di una solo vita. Nei prossimi anni serviranno nuovi pensieri e nuove azioni per evitare che il sistema collassi nel caos globale.
Tutti i segnali del caos appaiono ormai davanti ai nostri occhi. Se non cambiamo direzione arriveremo esattamente dove siamo diretti e con esiti disastrosi.] Siamo ancora in tempo per cambiare direzione ma lo dobbiamo fare subito e a partire da ognuno di noi senza aspettare grandi programmi partitici che o grandi intese fra governi o multinazionali. Se non lo facciamo i ns figli non ci perdoneranno.
Il risultato di una trasformazione sociale ed ambientale dipende a mio avviso dal cambiamento delle ns. percezioni e dei ns comportamenti. Siamo attualmente diretti dove non vogliamo andare .
Dobbiamo lasciare il percorso del collasso e intraprendere il percorso di emersione che deve essere costituito:
• da cittadini informati,
• da una volontà di fare business utilizzando al meglio la tecnologia che già esiste,
• impattando il meno possibile e utilizzando al meglio le materie prime e non sprecando energia fossile e rinnovabile
• risparmiando energia a parità di costi, evitando sprechi col taglio di emissioni e quindi di costi e parlando non solo di “megawatt” ma iniziando a ragionare in termini di “negawatt”. Un solo dato come esempio. Il 70 % dell’energia usata per il riscaldamento di abitazioni ed industri è sprecata per l’inefficienza delle coibentazioni dei nostri involucri edilizi.
Alcuni numeri – I grandi consumi del mondo occidentale sono insostenibili non solo eticamente ma anche economicamente. Entro la metà di questo secolo il 90% della popolazione mondiale vivrà in paesi poveri e i confini ambientali, sociali e territoriali saranno sempre più labili e a rischio, già lo vediamo.
E questo mentre [ogni anno gli americani, preoccupati della loro obesità spendono per la dieta una somma pari a 30 volte il budget dell’ONU per combattere la fame nel mondo .
In Cina Il consumo di carbone, acciaio, ma anche di cereali e di carne è oggi + alto che in USA. Ma se i consumi pro capite cinesi fossero uguali a quelli americani non ci sarebbe più nessuna materia prima sufficiente nel pianeta. Occorrerebbero altri mondi. E così per il petrolio. A fronte della produzione di 2,5 mld di barili/anno se la Cina consumasse allo stesso ritmo degli americani, ci vorrebbero 2,8 mld di b/a. Oggi si pensa che solo alcune decine di milioni di cinesi vivano in modo occidentale. Ma sorpresa il ritmo di crescita cinese è impressionante rispetto al resto del mondo e l’India e il Brasile ci vanno dietro. 2 mld di persone dei paesi in via di sviluppo stanno migliorando il loro tenore di vita emulando il modello occidentale e lo fanno molto più rapidamente di quanto lo abbiamo fatto noi. La Cina con la sua cultura millenari sta ad esempio abbandonando la soia e passando alla carne. E questa è una tragedia. Per un kg di carne bovina sono necessari 190 mq di terra e 105.000 l d’acqua, ma per 1 kg di soia ci vogliono solo 16 mq di terra e 9.000 l di acqua.
Trasparenza radicale – Proviamo a pensare se conoscessimo tutti gli impatti nascosti di ciò che compriamo nell’ottica di una trasparenza radicale. Come sarebbe utile e che valore aggiunto importante avrebbe conoscere l’impronta ecologica, le sostanze chimiche pericolose, il trattamento dei lavoratori. Se fossimo in grado di basare la nostra scelta su un’informazione completa il consumatore da passivo diverrebbe attivo e potrebbe votare col suo acquisto i prodotti più virtuosi. E questo sta già avvenendo. Nel mondo sempre più Aziende importanti calcolano la loro impronta ecologica, il loro audit energetico, l’analisi del ciclo di vita dei loro prodotti. Le imprese saranno chiamate a prepararsi a questa svolta radicale sul piano delle informazioni.
La regola pratica del “più economico è meglio” dovrà necessariamente essere integrata da un nuovo mantra: più sano è meglio, meno energivoro è meglio, meno impattante è meglio, più umano è meglio, più equo è meglio.
Green Economy – La nuova economia dovrà a mio avviso capire questo nuovo cambiamento. Uno degli aspetti di una nuova economia è la Green Economy, un approccio alle attività economiche e comprende i settori che concorrono a migliorare l’efficienza nell’utilizzo delle risorse e ridurre l’impatto ambientale delle attività umane. Comprende l’efficienza energetica, la produzione e distribuzione di energia rinnovabile, l’efficienza nell’utilizzo di risorse scarse quali l’acqua, il trasporto pubblico, il riciclaggio dei rifiuti, l’agricoltura e le tecnologie che consentono di usare le risorse in modo efficiente e ridurre gli impatti ambientali.
La Green Economy è destinata a salvare il pianeta, proponendo soluzioni per un modello di civiltà rispettosa dell’ambiente e sarà anche un importante volano di sviluppo economico.
Nelle principali fonti di energia rinnovabile vi sarà penuria di manager e lavoratori specializzati.
I lavori verdi richiesti attualmente riguardano sia figure tecniche (impiantisti, installatori, project manager e così via), sia figure gestionali e legate al mondo finanziario, al marketing e nella comunicazione.
Per individuare nuove figure professionali della Green Economy sarà necessario il profondo coinvolgimento di tutte le istituzioni, private e pubbliche: dagli Atenei alle imprese, alla Pubblica Amministrazione. Ecco alcune imprese che hanno incominciato a lavorare nella Green Economy con un discreto successo:
• Momaboma che realizza borse e vestiti riciclando giornali, sacchetti di cemento e copertoni.
• Faam: che produce batteria ad alta efficienza
• Ecoplan, che realizza pannelli per pavimenti e mobili utilizzando plastica derivata dal riciclo di vasetti di Yoghurt, Sansa e Pannolini
• Novamont, azienda che ha brevettato i sacchetti di plastica biodegradabili e realizzati dal mais.
• Raggio verde, nel tessile, che ha una filiera di abbigliamento prodotta in canapa italiana al 100%.
• Photonics, che produce la piastrella fotovoltaica.
Ognuno di noi interagisce con l’ambiente di cui è parte integrante e attraverso le sue azioni lo modifica in modo irreversibile. L’azione di un singolo individuo è irrilevante, ma se adottata da più individui diventa significativa, in termini positivi e negativi. Il contributo di tutti è dunque fondamentale. Una goccia è il nulla, ma tante gocce insieme possono fare un mare. Il primo passo in questa direzione è CONOSCERE. Se non conosciamo non siamo consapevoli delle nostre azioni. ESSERE CONSAPEVOLI porta successivamente ad adottare comportamenti individuali virtuosi per un cambio di direzione culturale, politico, economico.
Riferimenti bibliografici
A. Canonici – L’azienda sostenibile – Franco Angeli
http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/12/15/ocse-in-italia-la-pressione-fiscale-sale-del-435-per-cento/82063/
L’etica della globalizzazione – il sole 24 ore 28.01.11 – E.G. Tedeschi
Il punto del caos – E. Laszlo – ed. Urra
[Enciclica di Benedetto XVI, Caritas in Veritate (La carità nella verità)].